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La mission

L’Iride individua la sua mission nell’essere un’impresa sociale di comunità, in forma di cooperativa sociale, che partecipa alla costruzione del bene comune del proprio territorio attraverso la promozione dell’identità sociale delle persone con disabilità e il supporto alla resilienza delle loro reti familiari.
L’Iride si “pre”- occupa in particolar modo di trovare soluzioni qualificanti anche per persone che vivono un handicap grave o – meglio – con disabilità complesse.
O – ancora meglio – provocati dalla Convenzione ONU dei Diritti delle persone con disabilità, è necessario oggi riformulare questa definizione: persone con elevato o elevatissimo bisogno di sostegni

La scelta educativa

La “scelta educativa”, intesa come vera scommessa sulla possibilità di trasformazione di sé e delle proprie relazioni, è stata in questi anni la bussola che ha guidato gli interventi e le attività per tutti i servizi sia diurni che residenziali. 

Alla ricerca di un proprio “modo”, L’IRIDE ha scelto di farsi provocare dal diritto all’identità delle persone disabili qualsiasi sia la condizione e il grado di non-autosufficienza, evitando il rischio di un ritorno a forme di istituzionalizzazione o di eccessi di medicalizzazione/sanitarizzazione della condizione di disabilità. Attraverso un approccio che mette insieme la personalizzazione degli interventi con il bisogno di vivere/lavorare in una dimensione di relazioni sociali e di gruppo, i servizi  si confrontano con i bisogni di risposte educative ed esistenziali di persone che vivono problemi psicomotori, disturbi pervasivi del comportamento, disabilità  mentali anche in condizione di importante gravità. 

La condizione delle persone con disabilità grave e gravissima ha quindi originato ed orientato sempre la vita della cooperativa. Questa disabilità – meglio dire – che richiede un elevato ed elevatissimo bisogno di sostegni e supporti nel corso degli anni ha modificato le proprie caratteristiche: nei primi cinque anni di attività della cooperativa incrociavamo le storie di persone con disabilità prettamente motorie, poi invece abbiamo iniziato a incontrare persone con bisogno di sostegno comportamentale, situazioni che richiedevano sguardi anamnestico-sociali sempre più complessi e profondi. 

Per affrontare le diverse “gravità” la cooperativa si è dotata di differenti servizi, diurni e residenziali e di diverse metodologie educative che hanno nel corso degli anni arricchito il “bagaglio leggero” (Canevaro) in dotazione alle equipe dei servizi.

In questi anni inoltre i servizi diurni e residenziali, insieme alle famiglie (molte delle quali anche socie della cooperativa), si sono confrontati con la questione della vita adulta possibile per la persona disabile: la questione del “dopo di noi”. 

Valori

I. LA SOLIDARIETÀ

Ci sta a cuore e Ci interessa occuparci del bene comune, del bene delle nostre comunità e dei nostri territori. Ed in particolare, all’interno di questi, di chi è in situazioni di maggiore fragilità perché vive una disabilità.  

Una società che sa guardare e assumersi la responsabilità nei confronti delle persone che vivono in condizione di fragilità e di svantaggio, è una società più giusta e più umana. Per tutti.

II. LA DOMICILIARITÀ PER LA CENTRALITÀ DELLA PERSONA

Ci sta a cuore e Ci interessa affermare e vivere la centralità della persona nell’ambito della cultura della “domiciliarità”, che la comprende e ne esprime i significati. La domiciliarità è l’intero e l’intorno di una persona:  in una relazione di aiuto davvero capace di empatia,  l’accettazione e il riconoscimento della persona, la possibilità di avere una qualità di vita autenticamente umana, si concretizzano incontrando il valore ed il significato di “casa”, di memoria e territorio. Di domiciliarità appunto. 

III. L’INTEGRAZIONE

Ci sta a cuore e Ci interessa farlo nella prospettiva dell’accoglienza, dell’inclusione e della vicinanza sociali. Mettendo in relazione persone, mondi, ambienti. 

IV. IL BISOGNO DI COMPETENZA E LA FORMAZIONE CONTINUA 

Ci sta a cuore e Ci interessa imparare, coltivare, praticare e diffondere la cultura della assunzione di responsabilità nei confronti delle nostre comunità. Per farlo è necessario imparare ad ascoltare, a comprendere, a conoscere la complessità e la specificità della disabilità, delle diverse forme di organizzazione dei servizi continuando a formarci come persone consapevoli, come soci cooperatori motivati e motivanti, come lavoratori con una professionalità viva.

V. LA GRAVITÀ NON È ASSOLUTA 

La condizione gravità, di complessità della disabilità non può essere un alibi che porti ad un cedimento assistenziale o alla rinuncia alla possibilità di crescita per le persone disabili. 

Il concetto di gravità è certamente un riferimento costruito, poiché è difficile dire quando e in rapporto a cosa la condizione di una persona possa considerarsi tale. La valutazione dovrà essere al tempo stesso clinica, sociale ed esistenziale, essendo interessate tutte le dimensioni di vita di una persona (mentale, psichica, relazionale). Certo, qualsiasi operatore pensando alla gravità fa riferimento ad una definizione che considera “la mancanza di autonomia, una costante necessità di assistenza, una dipendenza pressoché totale, l’impossibilità, in pratica, di accedere al mondo della vita attiva” (Cannao, Moretti).

Di una cosa, però, siamo certi: il concetto di “gravità” non è assoluto ed è necessario individuare le condizioni che non concorrono ad alleggerire o facilitare la condizione che vive la persona e su queste attivare sguardi e azioni progettuali di cambiamento. 

Riconosciamo pertanto l’educabilità come condizione costitutiva di tutte le persone. 

La scelta dell’educabilità produce la consapevolezza di dover sempre offrire alle persone opportunità di trasformazione e di crescita, accogliendo e “forzando” le resistenze che sempre la disabilità comporta (Canevaro). E liberando così la possibilità di “identità sociale”: per entrare in società e trovarvi il “proprio posto”.